Una guida per orientarsi nella scelta universitaria, capire quale corso di laurea rispecchia aspirazioni e attitudini, individuare l’ateneo giusto e conoscere i settori con le maggiori opportunità di occupazione

Che si decida di dare priorità ai propri sogni o che si voglia puntare là dove le possibilità di carriera sono maggiori sulla base delle attuali tendenze del mercato del lavoro, in qualsiasi caso scegliere l’università è certamente un momento delicato dal quale poi dipenderà il proprio futuro da adulto. Confrontarsi, ricercare informazioni, approfondire, valutare, individuare quale università scegliere può considerarsi un vero e proprio lavoro, ed è per questa ragione che è bene seguire alcuni consigli.
Come scegliere l’università nel modo giusto
Esistono diversi aspetti da valutare per comprendere quale università scegliere, alcuni più intimamente legati alle proprie aspirazioni, valori, motivazioni, altri invece che potrebbero essere definiti “esterni” più legati per esempio all’ambito economico o logistico. Andiamo per ordine.
Il corso
Prima di ogni cosa per essere più vicini possibili al fare la scelta giusta bisogna aver chiaro cosa “voglio fare da grande” che, detto in maniera più autorevole, ma il senso è alla fine lo stesso, significa avere certezza di quale indirizzo di studi si voglia affrontare. È dall’acquisizione di questa consapevolezza che poi, a cascata, ha senso indagare tutti gli altri aspetti della questione. Considerando l’ampia offerta di corsi a disposizione oggi, ognuno con caratteristiche diverse dall’altro, l’impresa è tutt’altro che semplice. A tal riguardo un aiuto arriva dai test di orientamento universitario ormai facilmente individuabili ed eseguibili online. Questi test danno la possibilità di fare luce sui propri interessi, sulle attitudini e potenzialità, indicando il percorso di studi più adatto. Alcuni atenei hanno un intero sito web dedicato all’orientamento universitario, è il caso del sito dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, altri invece vi dedicato una sezione del sito ufficiale come nel caso della sezione “Orientarsi e scegliere” del sito web dell’Università degli Studi di Milano o della sezione “Strumenti e servizi di orientamento” del sito web dell’Università degli Studi di Torino.
L’ateneo
Individuato il corso di studi più adatto per sé, o quanto meno limitato il perimetro, è arrivato il momento di iniziare a selezionare una rosa di atenei tra i quali effettuare la propria scelta. In questo step è possibile avvalersi di diversi strumenti sia online sia dal vivo. Si va dalle classifiche delle migliori università al mondo, come il QS World University Rankings giunto alla sua 12esima edizione, ai blog e canali social, sino agli Open day, le giornate dedicate all’orientamento universitario e alla conoscenza dell’università, in cui è possibile non solo incontrare docenti e tutor, ma anche studenti universitari già in corso che potranno rispondere ad ogni dubbio. A seguito del sopraggiungere della pandemia la maggior parte degli Open day offre anche la possibilità di partecipare online, così come l’Open Day dei Corsi di laurea triennale e magistrale a ciclo unico dell’Università degli Studi di Milano. Un modo comodo e non dispendioso per entrare in contatto con le realtà universitarie di proprio interesse.
Le opportunità internazionali
Se si ambisce a fare un’esperienza di studi che possa aprire le porte, e soprattutto la mente, verso ciò che succede oltre i confini nazionali, nel valutare quale università scegliere è bene soffermarsi sulle opportunità internazionali offerte dai diversi atenei. Corsi in lingua inglese, programma Erasmus, possibilità di tirocini all’estero o possibilità di effettuare ricerche per la tesi presso università straniere sono alcune delle vie percorribili per ampliare il proprio bagaglio di competenze in una visione globale della conoscenza. Per avere un’idea di ciò che offrono le università basta navigare all’interno dei loro siti internet. Qui per esempio le opportunità internazionali dell’Università Bocconi, quelle dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e quelle dell’Università degli Studi Roma Tre.
La sostenibilità
Se la sostenibilità è diventato uno valore imprescindibile sul quale modellare le proprie scelte, è interessante sapere che dal 2010 esiste una classifica, che prende il nome di UI GreenMetric World University Ranking, che ha lo scopo di porre sotto i riflettori la condizione attuale e le politiche relative alla sostenibilità nelle università di tutto il mondo. Sei i criteri sui quali si basa la classifica: Ambiente e Infrastrutture, individua le attività volte a creare più spazio per il verde e nella salvaguardia dell’ambiente, oltre al budget per lo sviluppo sostenibile del campus; Energia e cambiamenti climatici, rileva le azioni messe in campo per aumentare lo sforzo nell’utilizzo di apparecchi a efficienza energetica e sviluppare energia rinnovabile; Spreco, evidenzia alcuni programmi e trattamenti dei rifiuti (es. programma di riciclaggio, rifiuti tossici, rifiuti organici e inorganici, ecc.); Acqua, attenziona gli sforzi per ridurre l’utilizzo delle acque sotterranee, aumentare il programma di conservazione e proteggere l’habitat; Trasporto, valuta la politica dei trasporti per limitare il numero di veicoli privati, pedonali; Istruzione e ricerca, rileva corsi, ricerche, pubblicazioni, sito web, report legati al verde e alla sostenibilità. Nell’ultima edizione della classifica sono 6 gli atenei italiani rientrati nella Top 100: l’Alma Mater Studiorum di Bologna è il primo in 12esima posizione, seguono il Politecnico di Torino in 20esima posizione, l’Università di Torino al 23esimo posto, l’Università di Genova 54esima, il Politecnico di Milano all’80esimo posto e infine l’Università di Padova che, con un salto di ben 60 posti rispetto all’anno precedente, si piazza in 97esima posizione.
Il luogo
La collocazione dell’ateneo certamente ha un peso importante sulla decisione di quale università scegliere. Prima di tutto bisogna capire se si vuole, e se si è pronti, ad allontanarsi dalla propria famiglia. Se la lontananza da casa non spaventa, o se magari optare per una via di mezzo, come una distanza tale che consenta il rientro a casa nel fine settimana per esempio. Se vivere in una città più grande e dinamica della propria può rappresentare uno stimolo o un qualcosa a cui ambire, oppure no. Oltre l’aspetto emotivo, naturalmente, bisogna valutare anche l’aspetto economico. Frequentare l’università in una città diversa dalla propria comporta una spesa considerevole, con la voce più pesante che è rappresentata dal costo dell’alloggio. Secondo lo studio realizzato da Immobiliare.it sul costo dei posti letto nelle città universitarie, nonostante i prezzi delle singole siano leggermente scesi dopo la pandemia, Milano resta la città più cara con 470 euro di media per la singola (da 500 euro) e 285 euro per la doppia (da 300 euro). Segue Roma dove di media una singola costa 417 euro e 246 euro per un posto in doppia. A Bologna e Firenze per affittare una singola sono necessari poco meno di 400 euro (395 e 385 euro, rispettivamente). Sotto questa soglia si trovano poi Venezia – dove per una singola si chiedono in media 353 euro – Padova (336 euro), Torino (324 euro), Siena (321 euro), Napoli (320 euro) e Pisa (307 euro). Naturalmente, più distante da casa è l’università più aumenterà il costo del viaggio per farvi rientro e ripartire. Sul budget dello studente fuori sede, infine, influisce ovviamente anche il costo della vita della città dove ci si trasferisce.
Il costo
La formazione universitaria si paga, ma non sempre. Parlando di quanto costa l’università, senza calcolare le spese per i fuori sede, bisogna fare una grande distinzione tra università statali e università private. Nelle università statali i contributi universitari sono legati alla condizione economica familiare alla quale si aggiunge una valutazione sul merito dello studente, ossia i voti conseguiti durante l’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado e gli anni a venire durante il percorso universitario. In questi atenei c’è la possibilità di usufruire di borse di studi e riduzioni (finanche l’esenzione totale di ogni pagamento) se rientranti nella “no tax area” (con l’emergenza Covid la “no tax area” è stata allargata a famiglie con reddito ISEE fino a 20mila euro, superando i 13mila euro di limite introdotto nel 2017 dalla Legge di Bilancio). Secondo l’ultima edizione dello studio annuale prodotto dall’Osservatorio Nazionale Federconsumatori sui costi delle università italiane, gli atenei settentrionali si confermano i più cari: i costi superano del 27,4% quelli delle università del Sud e del 18,2% quelli degli atenei del Centro. Ateneo più caro d’Italia si conferma l’Università di Pavia, che prevede imposte massime medie di 3.902,00 euro annui (3.663,00 euro per le facoltà umanistiche e 4.141,00 euro per i corsi di laurea dell’area scientifica). Seguono nell’ordine l’Università di Milano (3.206,00 euro per le facoltà umanistiche e 4.060,00 euro per quelle scientifiche) e La Sapienza di Roma (2.977,00 euro e 3.080,00 euro rispettivamente per le facoltà umanistiche e scientifiche). Nelle università private, che in quanto tali non ricevono finanziamenti statali e si sostengono grazie al pagamento delle rette da parti degli studenti, i costi naturalmente sono molto più esosi. Tuttavia anche nelle università private è possibile beneficiare di borse di studio e premi alleggerendo così le spese.
Quali sono i tipi di università
Come abbiamo già accennato esistono università statali e università private.
- Le università statali costituiscono il bacino più ampio e hanno tendenzialmente un’offerta più articolata di corsi per potere rispondere a tutte le esigenze formative. L’accesso è aperto a tutti, ma per alcune tipologie di studi è richiesto un test di ingresso per via della presenza del numero chiuso.
- Le università private, come dice il termine stesso, sono fondate e gestite da enti privati. Il loro ventaglio di corsi è tendenzialmente meno ampio anche se esistono università private, come per esempio l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che non ha nulla da invidiare a un’università pubblica come capacità di offerta formativa. Esistono poi università private specializzate in taluni ambiti come l’Università Bocconi di Milano, nota per percorsi di studio di taglio economico. Alle università private si accede generalmente col superamento di un test d’ingresso e le tasse, come detto, sono più alte. Con una selezione all’ingresso e un costo più alto, le università private hanno un numero di studenti per classe decisamente inferiore rispetto alle università statali, ciò consente di essere seguiti dai professori in maniera più diretta. Infine, le università private hanno spesso legami più stretti col mondo delle aziende così da offrire un percorso preferenziale verso il mondo del lavoro.
- Alle università pubbliche e private si affianca poi una terza categoria che ha preso particolarmente piede negli ultimi anni grazie alla diffusione e potenziamento di internet: stiamo parlando delle università telematiche che consentono di conseguire la laurea a distanza eccetto che per alcuni momenti di confronto, tra cui gli esami e la discussione della tesi. Una buona alternativa per chi vuole laurearsi in un determinato ambito ma non ha la possibilità di spostarsi, o per chi magari già lavora.
Quali sono le lauree più richieste
La XXIII Indagine sulla condizione occupazionale dei laureati condotta da AlmaLaurea che in quest’ultima edizione, pubblicata a giugno 2021, ha coinvolto complessivamente 655 mila laureati di 76 atenei, con le dovute accortezze in sede di lettura dei dati essendo stati questi rilevati nel 2020 in piena pandemia, ci restituisce una vista sull’occupazione dei laureati.
Per quanto riguarda le lauree di primo livello, la situazione occupazionale a un anno dalla laurea è molto diversificata se si considerano i vari gruppi disciplinari. Il tasso di occupazione dei neolaureati del gruppo informatica e tecnologie ICT è particolarmente elevato (89,2%), così come anche tra i laureati del gruppo medico-sanitario si rilevano esiti occupazionali elevati (con un tasso di dell’85%). Ad eccezione del gruppo medico-sanitario, che vede un aumento del tasso di occupazione anche a seguito dell’emergenza pandemica (+3,3 punti percentuali), rispetto alla precedente rilevazione, la diminuzione della capacità di assorbimento del mercato del lavoro osservata nell’ultimo anno è confermata in tutti i gruppi disciplinari. La contrazione del tasso di occupazione è particolarmente elevata tra i laureati dei gruppi linguistico (-13,7 punti percentuali), letterario-umanistico (-11,2 punti) e scienze motorie e sportive (-10,9 punti). A cinque anni dal titolo, invece, si può quasi parlare di piena occupazione per i laureati dei gruppi informatica e tecnologie ICT, ingegneria industriale e dell’informazione e, infine, medico-sanitario: per tutti il tasso di occupazione è superiore al 90%. Tra i laureati dei gruppi arte e design, politico-sociale e comunicazione, letterario-umanistico e linguistico, gli esiti occupazionali sono più modesti, anche se il tasso di occupazione non scende comunque mai al di sotto del 75%.
Anche per quanto riguarda le lauree magistrali biennali, a un anno del conseguimento della laurea il tasso di occupazione è notevolmente differenziato a seconda del gruppo disciplinare considerato. Il tasso di occupazione è decisamente elevato tra i laureati dei gruppi informatica e tecnologie ICT (92,4%) e ingegneria industriale e dell’informazione (90,1%); è invece inferiore alla media in particolare nei gruppi psicologico (41,6%), arte e design (53,6%) e letterario-umanistico (55,1%). Non è però detto che questo sia sintomo della scarsa capacità attrattiva del mercato del lavoro. Spesso, infatti, i laureati di questi gruppi decidono di proseguire la propria formazione partecipando ad attività di formazione post-laurea, tra cui quali tirocini, dottorati, specializzazioni, tra l’altro non sempre retribuiti, così come collaborazioni volontarie. Rispetto alla precedente rilevazione, si evidenzia una contrazione del tasso di occupazione per tutti i gruppi disciplinari, contrazione che risulta particolarmente elevata tra i laureati dei gruppi scienze motorie e sportive (-10,5 punti percentuali), arte e design (-8,6 punti) e linguistico (-8,4 punti). Sono in particolare i laureati dei gruppi in informatica e tecnologie ICT, ingegneria industriale e dell’informazione, economico e, inoltre, quelli del gruppo di architettura e ingegneria civile a mostrare le migliori performance occupazionali a cinque anni dal titolo di studio: il tasso di occupazione varia, infatti, dal 97,2% in informatica e tecnologie ICT al 91,6% del gruppo di architettura e ingegneria civile. A fondo scala si trovano invece i laureati dei gruppi arte e design, letterario-umanistico, nonché, educazione e formazione il cui tasso di occupazione è, rispettivamente, pari a 76,6%, 77,8% e 80,1%.
Infine, anche relativamente alle lauree magistrali a ciclo unico a un anno dalla laurea il tasso di occupazione varia molto in funzione del gruppo disciplinare: raggiunge il valore massimo tra i laureati del gruppo educazione e formazione (83,3%, +3,4 punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione). Si presentano superiori alla media anche i valori associati ai gruppi veterinario (73,6%), medico e farmaceutico (68,4%) e architettura e ingegneria civile (65,1%). I laureati del gruppo giuridico presentano invece un tasso di occupazione molto contenuto (45,4%, -2,1 punti percentuali rispetto alla rilevazione del 2019), poiché il loro ingresso nel mercato del lavoro è tipicamente ritardato a causa dell’ulteriore formazione, generalmente non retribuita, necessaria per accedere all’esercizio della professione. Infatti i laureati di questo gruppo disciplinare proseguono frequentemente la propria formazione con attività post laurea (che coinvolgono, al momento dell’intervista, l’83,7% dei laureati del gruppo giuridico), in particolare praticantati (64,1%). Il tasso di occupazione a cinque anni dal conseguimento del titolo raggiunge il 93,3% tra i laureati del gruppo medico e farmaceutico, in larga parte ancora impegnati in attività di formazione retribuita, in particolare scuole di specializzazione; è particolarmente elevato anche per i laureati dei gruppi veterinaria (92,0%) e architettura e ingegneria civile (89,7%). I laureati del gruppo giuridico, invece, presentano un tasso di occupazione decisamente inferiore rispetto a quello rilevato per tutti gli altri gruppi disciplinari (80,0%).
Quale università scegliere per trovare subito lavoro
Se ci fosse qualche dubbio sull’utilità di conseguire una laurea a dissiparlo ci pensa l’indagine sulle Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali realizzata da Unioncamere e Anpal che ha stimato intorno a 1,2 milioni di unità il totale di universitari richiesti dal mercato del lavoro tra il 2022 e il 2026, per una media annua che potrà variare tra 230.000 e 246.000 unità, per lo più assorbiti dal settore privato (60%, circa) e il restante da ruoli nel settore pubblico. Inoltre, lo studio evidenzia che il 58,5% del fabbisogno della PA nei prossimi cinque anni sarà rappresentato da personale in possesso di un titolo di livello universitario.
Lo studio identifica la Top 10 delle aree di competenza che vedranno in questi cinque anni la più forte richiesta di laureati: al primo posto l’area economico-statistica, con una domanda compresa tra 40.100-45.500 unità in media annua; al secondo l’area giuridico e politico-sociale, con una richiesta di oltre 40.500-42.200 unità all’anno; al terzo l’area medico-sanitaria, di cui la richiesta annuale media è stimata intorno ai 31.000 laureati; seguono l’area ingegneristica, con un fabbisogno di 27.300-30.400 laureati all’anno; l’area dell’insegnamento e della formazione dove si stima saranno necessari circa 25.300-27.100 laureati all’anno; architettura e il settore urbanistico-territoriale, con una richiesta pari a 14.000-15.100 laureati all’anno; l’area letteraria, filosofica, storica e artistica, il cui fabbisogno di laureati sarà di 13.900-14.500 all’anno; ottavo posto per il settore linguistico, di traduzione e interpretariato con quasi 10.500-11.600 laureati richiesti all’anno; il settore delle scienze matematiche, fisiche e informatiche richiederà dagli 8.300 agli 8.900 laureati all’anno; infine l’area delle scienze biologiche e biotecnologie che richiederà dai 5.900 ai 6.100 laureati.
In coda alla Top 10 altre tre aree di competenza che assorbiranno risorse in possesso di laurea specifica: all’undicesimo posto psicologia con richiesti dai 4.900 ai 5.100 laureati all’anno; dodicesimo posto per il settore chimico-farmaceutico dove verranno richiesti dai 4.400 ai 4.800 laureati all’anno; al tredicesimo posto il settore agroalimentare con poco più di 3.600-3.800 laureati richiesti all’anno.