In un momento in cui scarseggiano le competenze STEM, ricercatissime dalle aziende, chi sceglie un percorso di studi in questo ambito ha il 90% di possibilità di trovare un’occupazione soddisfacente entro pochi anni dal conseguimento del titolo

Lorenza Luzzati
Collaboratrice editoriale
Oggi scegliere di studiare materie STEM (Science, Technology, Engineering e Mathematics) è un investimento che paga. Infatti le competenze in ambito tecnico-scientifico sono molto ricercate dalle aziende, una situazione che si ripercuote anche sulla retribuzione. Secondo il Rapporto 2022 sul Profilo e sulla Condizione occupazionale di Almalaurea, il record in busta paga spetta ai laureati di ingegneria industriale e dell’informazione e di informatica e tecnologie Ict, con rispettivamente 1.893 e 1.851 euro mensili netti a un anno dal titolo, rispetto a una media 2021 di 1.407 euro per i laureati di secondo livello.
Tuttavia c’è uno scollamento sempre più forte fra l’altissima richiesta del mondo del lavoro e il numero di persone che decidono di intraprendere un percorso di studi STEM. In Italia il 44% delle imprese ha già avuto difficoltà a trovare candidati con questo tipo di formazione (percentuale che sale al 55% a livello europeo per quanto riguarda la ricerca di posizioni ICT). È quanto evidenziano i dati del secondo rapporto dell’Osservatorio STEM “Rethink STE(A)M education – A sustainable future through scientific, tech and humanistic skills” promosso da Deloitte. Lo studio si è basato sulla somministrazione di 2.650 interviste a studenti, giovani occupati, Neet e 26 approfondimenti con esponenti del mondo accademico e dell’imprenditoria di sette diversi Paesi (Italia, Grecia, Malta, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito).
Lo skill gap italiano emerge anche dal Future Skills Architect (FSA) di Boston Consulting Group, che permette di analizzare le prestazioni di un Paese calcolandone l’indice di “maturità” sulla base della presenza di competenze richieste dal mercato del lavoro: l’Italia si trova al 34° posto su 75 Paesi.
Studiare materie STEM: come trasformare lo skill mismatch in un’opportunità
Questa situazione sconfortante, si trasforma in una grande opportunità per chi in questo momento sta decidendo il proprio percorso di studi. Orientarsi su una disciplina STEM in un periodo in cui ancora pochi fanno questa scelta vuol dire avere meno concorrenza. Infatti, secondo la ricerca Deloitte, i laureati STEM, continuano a essere solo il 26% nei Paesi europei considerati, un numero che scende a circa il 15% per le donne. Una tendenza quasi invariata negli ultimi cinque anni. Da quanto emerge dallo studio, questo dipende anche dai bias secondo cui queste materie sono più difficili e richiedono più tempo e risorse economiche, a cui si aggiungono stereotipi di genere che vogliono le donne meno portate in questi ambiti (leggi qui la storia della fisica e ricercatrice Maria Ubiali e di come è andata oltre gli stereotipi).
Quindi, chi sceglie un percorso scientifico-tecnologico ha più probabilità di trovare un impiego. Lo conferma lo studio di Almalaurea, secondo cui ben il 90% dei laureati in materie STEM trova un’occupazione del tutto soddisfacente e gratificate entro cinque anni dal conseguimento del titolo di studio.
Ma non sono solo i lavori in ambito tecnico-scentifico che richiederanno competenze digitali. Secondo una ricerca del World Economic Forum, più di sei mestieri del futuro su dieci saranno completamente diversi da quelli che conosciamo oggi e richiederanno specifiche competenze scientifiche.
Conviene farsi trovare preparati.