Professione infermiere: adesso è un lavoro da macho

Pubblicato il 11 Gen 2018

infermiere

Il lavoro oggi non cambia solo in direzione ‘digitale’. Si evolve anche superando i confini tra quelle che un tempo erano professioni da ‘uomo’ o da ‘donna’. Parliamo spesso della gender disparity riferendoci alla minore presenza delle donne nel mondo del lavoro, soprattutto in certi settori e in determinate posizioni di comando. Oggi guardiamo all’altra faccia della medaglia, cioè la positiva invasione del cosiddetto sesso forte in un ambito lavorativo tradizionalmente ritenuto femminile, quello della cura delle persone.

Buttiamo lo sguardo oltreoceano, in US, Paese in cui generalmente certe tendenze economiche e sociali si sviluppano prima che in Europa, ma poi arrivano anche qui. Lo facciamo grazie a un bellissimo articolo fotografico del New York Times, intitolato Forget About the Stigma’: Male Nurses Explain Why Nursing Is a Job of the Future for Men , in cui una serie variegata di uomini racconta i vantaggi della professione ‘infermiere’, come ci sono arrivati e perché amano questo lavoro.

“Non c’è da vergognarsi. La paga è ottima, le opportunità sono infinite e finisci per andare a casa ogni giorno sapendo che hai fatto qualcosa di molto positivo per qualcun altro “. dice Jorge.

“Agli uomini piace prendersi cura di qualcuno, in questo lavoro hai la possibilità di avere una carriera che ti permette di prenderti cura delle persone in modo significativo”. dice Graham.

“Non è solo un lavoro. Hai questo senso dello scopo, questo senso del servizio, stai facendo qualcosa per aiutare davvero a migliorare la vita delle persone. ” dice Jonathan.

“È una buona professione perché ci sarà sempre. Avranno sempre bisogno di infermieri. Non può essere esternalizzato, non può essere automatizzato. ” dice David.

Questi sono alcuni dei commenti degli infermieri intervistati nel servizio, da cui traspare molto chiaramente il fatto che chi sceglie di fare questo lavoro sia molto motivato dal fatto di poter aiutare gli altri, ma anche consapevole della fondamentale funzione nella società di questo tipo di professione. Di cui ci sarà sempre più bisogno, soprattutto nei Paesi più avanzati dove la popolazione sta rapidamente invecchiando.

I progressi della robotica hanno già portato alla sperimentazione di infermieri e assistenti artificiali come Robear, sviluppato in Giappone , Paese con un altissimo tasso di invecchiamento della popolazione (e meno giovani che entrano nel mondo del lavoro) che sta puntando molto su queste forme di assistenza alla sua popolazione più anziana

Ma potranno mai gli infermieri robotici sostituire in tutto e per tutto gli esseri umani?

Probabilmente no, almeno per molti decenni ancora, per quanto la robotica galoppi: il calore umano e tutto il novero di ‘sensibilità’, emozioni e sentimenti, che caratterizzano gli esseri umani sono difficili da sviluppare in un’intelligenza artificiale. E’ certo però che le intelligenze artificiali affiancheranno sempre di più le persone nella gestione dei propri compiti, soprattutto quelli ripetitivi o di altissima precisione, per esempio in ambito medico ci saranno chirurghi robotici e assistenti del servizio infermieristico. 

Al momento quello che succede è questo: per la prima volta nella storia, in US la sanità è già diventata il principale datore di lavoro del Paese e ciò, tendenzialmente, avverrà anche in altri Paesi in cui l’invecchiamento della popolazione si fa sentire pesantemente.  C’è un vero e proprio boom di lavoro nella sanità.

Attualmente solo il 13% degli infermieri in US è uomo: ma se si pensa che solo alcuni decenni fa era al 2%, si capisce che l’inversione di tendenza è forte. Ciò riflette un cambiamento del mercato del lavoro, in cui a causa dell’automazione molte professioni stanno scomparendo; ma anche un grande cambiamento culturale, riporta sempre l’articolo, per cui da un lato oggi un uomo che svolge questo mestiere non si sente più ‘fuori posto’, dall’altro anche la considerazione della professione, da parte della generalità delle persone e dei pazienti,  è più legata alle competenze piuttosto che condizionata da questioni di genere.

La situazione in Italia

In Italia servono 90.000 nuovi infermieri entro il 2025. Tanto era emerso già nel 2016  dalla presentazione del “Progetto EUHWForce: una previsione del fabbisogno di Infermieri in Italia nei prossimi 20 anni”, realizzato dalla Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI. L’Italia è carente rispetto ad altri Paesi europei, nonostante le esigenze siano in crescita, perciò è lecito pensare che le assunzioni aumenteranno nei prossimi anni.

In linea di massima in Italia la sanità è donna: circa il 37% di medici è donna e il 77% sono infermiere. Ciò significa che il 23% degli infermieri è uomo, molto di più rispetto agli USA (13%). Andando più nello specifico, un’inversione di tendenza si registra anche da noi, dice l’Ipasvi, perché le donne escono dai settori di specializzazione da sempre più femminili (pediatria, ginecologia, psichiatria, psicologia) per inserirsi in ambiti storicamente considerati d’appannaggio maschile, come la chirurgia e la radiologia. In parallelo gli uomini della sanità (medici e infermieri) si collocano preferibilmente in urgenza, strumentazione, tecnologia e oggi anche al fianco di ostetriche.

Intanto, lo scorso mese di dicembre, la professione infermieristica ha raggiunto nuova dignità con l’istituzione del proprio ordine professionale.

L’infermiere e le competenze digitali

A Padova, si cercano infermieri esperti in materia di social network cercasi. E’ un annuncio di ieri del Collegio Ipasvi , che ha deciso di formare un elenco di professionisti che possano contribuire alla promozione della professione infermieristica sui social.

L’effetto digitale si esplica anche nella professione infermieristica, d’altro canto tutta la sanità sta procedendo verso digital transformation, automazione e ausilio di macchinari sempre più sofisticati in corsia. Siamo entrati nell’era dell’e-health e della sanità digitale.

La professione richiede oggi anche competenze digitali, poiché le tecnologie stanno cambiando anche il trattamento e il monitoraggio del paziente. Riporta il magazine online Nurse Time, del Prof. Rozzano C. Locsin del Florinda Atlantic University che ha creato una teorica sulla competenza tecnologica nell’assistenza infermieristica rivisitando il processo di nursing, sfruttando al meglio la tecnologia, a seconda della tipologia di tecnologia a disposizione. In tutto il processo di nursing del Prof. Locsin  si evince come la tecnologia sia un ottimo strumento per monitorare i cambiamenti della persona e di conseguenza stilare nel miglior modo possibile una piano assistenziale individuale e dinamico. 

Grazie a dispositivi indossabili e connessi, la rilevazione dei dati dal paziente si sta evolvendo rapidamente, arricchendosi immensamente in tempo reale e anche a distanza.

Questa esigenza di nuove competenze digitali è già stata presa in considerazione in Italia. Aica, (Associazione italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico), ha realizzato il primo Osservatorio Nazionale sulle Competenze Digitali in Sanità, scoprendo attraverso un’indagine che tutti gli operatori del settore sono pronti al cambiamento, ben coscienti della maggiore efficienza che il sistema sanitario e la cura del paziente può avere attraverso la digitalizzazione e la necessità di formazione adeguata, affinché tutto il personale che opera nel settore, dall’amministrazione al medico e infermiere, sia perfettamente integrato in un contesto di questo tipo.

Giuseppe Mastronardi, presidente AICA, dice su Agenda Digitale:

“Le competenze digitali sono diventate una componente essenziale delle conoscenze sanitarie, che consentono a tutto il personale sanitario di acquisire nuove abilità d’uso delle varie tecnologie sia a livello operativo che professionale, anche al fine di migliorare le potenzialità diagnostiche, terapeutiche e di assistenza a distanza, in virtù dell’introduzione delle varie tecniche di telemedicina e di intelligenza artificiale, ma anche della robotica di ultima generazione in chirurgia e della stampa 3D nella creazione di protesi ad hoc. La formazione deve, quindi, fare la sua parte con particolare attenzione allo sviluppo di nuove capacità di governo dei vari processi di digitalizzazione all’interno delle strutture sanitarie pubbliche e private.”

In conclusione: la professione dell’infermiere è sempre più maschile e digitale.

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