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    Home » Formazione » Imprenditorialità » Startup fondate da studenti: Nicolò Briante ci racconta la missione D-Heart

    Startup fondate da studenti: Nicolò Briante ci racconta la missione D-Heart

    7 Dicembre 2017
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    Oltre 17 milioni di persone nel mondo muoiono ogni anno per problemi cardiovascolari (infarti e altri attacchi di cuore), rappresentando il 31% delle morti complessive. Oltre tre quarti di tali morti si verificano nei Paesi in via di sviluppo, cioè in quelli con un livello di reddito pro-capite molto basso e spesso privi di strutture sanitarie diffuse e accessibili. Le persone che convivono con problemi cardiaci cronici sono oltre 5 milioni solo in Italia. In questo contesto, una giovane azienda italiana a vocazione sociale  ha ideato una soluzione innovativa che può salvare la vita a milioni di persone. Si chiama D-Heart e uno dei suoi fondatori, Nicolò Briante, ci ha raccontato l’avventura di questa startup, di cui parlerà anche il prossimo 15 dicembre a Milano.

    A Nicolò la parola ‘startup’ sta un po’ antipatica, o meglio, gli va stretto lo stereotipo di startup che va per la maggiore oggi nell’immaginario collettivo: una strada per fare soldi facilmente e che fa raggiungere la fama. La realtà è ben diversa: tanto sacrificio, tanto lavoro, zero fine settimana, zero vacanze, vita personale extra lavorativa molto limitata e dietro l’angolo sempre il rischio di non farcela.

    Per affrontare e reggere questa pressione ci vuole una missione che vada oltre la generica idea di fare soldi.

    La missione che si è posta D-Heart è chiara da sempre: sfruttare il potenziale delle tecnologie mobile, portatili, per salvare e migliorare la vita di milioni di cardiopatici nel mondo. Come? Con un elettrocardiogramma (ECG) portatile composto da un dispositivo collegato ad elettrodi che, abbinato via Bluetooth ad una applicazione presente sul proprio smartphone, esegue un ECG corretto e scientificamente affidabile “in remoto”. Lo smartphone diventa uno strumento per eseguire una diagnosi precoce a costo ridotto, abilitando chiunque all’utilizzo di uno strumento medico.

    “La scintilla per questo progetto è nata nel 2014 quando io e Niccolò, l’altro fondatore, eravamo al 4° anno di Università – spiega Nicolò Briante –  E’ nato tutto all’interno delle mura dell’ Almo Collegio Borromeo di Pavia, dove ci siamo conosciuti, lui di Firenze io di Genova, io studiavo giurisprudenza, lui medicina, però ci siamo incontrati. Una sera facevamo due chiacchere e commentavamo un articolo di Internazionale che parlava delle potenzialità del mobile health e di come essere disruptive nei Paesi in via di sviluppo, e da qui ci è venuta l’idea di provare a dare un nostro contributo in una nicchia di mercato come quella delle malattie cardiovascolari che il mio socio conosceva bene come paziente (ha avuto un infarto a 16 anni per un difetto congenito) e poi come medico visto che studiava medicina con l’idea di specializzarsi in cardiologia. Abbiamo cominciato così, lavorando tanto, abbiamo trovato una realtà di Padova, un società ingegneristica, che ci è venuta dietro, è stato il nostro braccio armato tecnico, abbiamo poi depositato il brevetto e cominciato a partecipare ai primi bandi. Il primo partner che ha creduto in noi e che per noi è stato fondamentale è Fondazione Vodafone che ci ha dato inizialmente 30mila euro per fare un primo dimostratore che abbiamo validato in Senegal con una Ong, e da cui è venuto fuori che la nostra soluzione per fare l’ECG era statisticamente equivalente a un elettocardiografo ospedaliero. Poi abbiamo vinto il primo posto nel loro bando ‘Think for social’ su 470 progetti e con altri 200milioni di euro del premio abbiamo realizzato il primo prototipo’.

    Oggi a che punto è il progetto?

    “Abbiamo concluso il nostro periodo di startup, cioè il periodo in un cui si partecipa a tanti bandi, il nostro bottino complessivo sulla partecipazione a 10 bandi è stato vincerne 8, che ci hanno fatto portare a casa un totale di quasi 300mila euro di finanziamenti a fondo perduto, tra questi i grant di Fondazione Vodafone, Unicredit, Intesa San Paolo, Fondazione Finmeccanica, BNP  Paribas Cardif, Como Next. Abbiamo concluso in bellezza quest periodo partecipando la scorsa primavera alla Global Social Venture Competition, che abbiamo vinto in Italia e ci ha portato alla finale mondiale di Berkley, dove non abbiamo vinto ma ci siamo piazzati al 4°posto, confrontandoci con team che arrivavano dalle migliori Università del mondo, come il MIT di Boston. Dopo non abbiamo più fatto domanda a bandi, che è un’attività molto impegantiva, per concentrarci sulle ultime fasi che ci portranno finalmente sul mercato a inizio 2018:  abbiamo infatti concluso un iter certificativo per dispositivo bio-medicale molto lungo, trovato un partner industriale, produciamo il nostro prodotto completamente in Italia, vicino a Milano e dal 15 gennaio sarà acquistabile in tutta Europa. Una bella soddisfazione: è il primo elettrocardiografo utilizzabile da qualsiasi persona, come succede con un misuratore di pressione,
    qualsiasi cardiopatico potrà acquistare in farmacia il dispositivo e fare check up del proprio cuore, permettendo a chiunque dei 5milioni di cardiopatici in Italia di avere una sorta di angelo custode sempre con se, rendendogli la vita migliore e più sicura.”

     

    E’ stato difficile per voi studenti all’ultimo anno coniugare l’impegno in questo progetto con l’Università?
    “E’ stato da matti! Io quell’anno sono stato persino 6 mesi in US, ma seguivo anche lo sviluppo del progetto a Padova e preparavo i bandi. Poi abbiamo fondato la società, ciò ha significato commercialisti a cui dovevamo spiegare noi come registrarci come startup a vocazione sociale. Ma è stato un bel viaggio molto formativo, esistono molti Master, ma io sono dell’idea che l’imprenditoria si impara facendo.
    Certo se avessi fatto un’esperienza aziendale prima di buttarmi in questo progetto avrei avuto più skill da un punto di vista organizzativo, perchè la cosa difficile è star dietro a tutto e, quando diventi un’azienda, anche saper organizzare il lavoro degli altri, non è facile, però è stato ed è un bel viaggio, io lo vivo così come un Master, anche perché non c’è la certezza che tutto questo vada a finire bene.
    Il nostro rischio è che ci dobbiamo creare un mercato: abbiamo ideato un elettrocardiografo consumer, qualcosa che fino a oggi non esisteva, quindi il mercato potenziale è enorme ma è tutto sulla carta, perchè ad oggi nessuno sa che esistiamo.”

    Che consiglio puoi dare ad altri giovani che ci vogliono provare?
    Il mio messaggio è questo: prima di tutto, non abbiate paura di confrontarvi. Nello sviluppo di un’idea, bisogna partire dai bisogni reali,  proponendo soluzioni che però vanno subito verificate con chi è portatore di tali bisogni. Cioè dobbiamo subito capire se la nostra idea è campata per aria, dobbiamo validarla, e  non in modo superficiale con i potenziali utilizzatori e anche con le aziende che lavorano in quel settore, perchè così scopri se c’è interesse.  Bisogna confrontarsi, senza l’idea stupida italiana ‘ma se vado lì mi rubano l’idea’, nessuno ha tempo e voglia di rubarti l’idea, di idee è pieno il mondo, di aziende un pò meno. Inoltre suggerisco di trovare i partner giusti che completino il team e prepararsi: lanciare un’impresa non è una cosa che si part time, si fa a tempo pieno e all’inizio ti devi sacrificare davvero tantissimo perché si è in pochi ma bisogna far tanto.”

    Siete orgogliosi del percorso che avete fatto?

    “Certamente sì, noi siamo stati una delle prime startup a vocazione sociale in Italia, ogni anno presentiamo un bilancio di impatto sociale che andiamo a dimostrare soprattutto con varie collaborazioni che abbiamo con NGO come Amref, CICOPS e CPAS e altre minori che lavorano nei Paesi in via di sviluppo, siamo attivi all’interno di sperimentazioni cliniche in Senegal, Uganda e da poco in Bangladesh. In questi posti  l’impatto sociale è molto tangibile, permettiamo uno screenig cardiovascolare gratuito a persone che mai potrebbero averlo attraverso sistemi tradizionali, perchè in quesi Paesi le strutture sanitarie non sono diffuse e non sono accessibili per tutti. Questo ci rende molto orgogliosi”.

    Se vuoi sapere di più su D-Heart e fare domande a Nicolò, partecipa anche tu all’evento ‘Il futuro è oggi: sei pronto?’ il 15 dicembre a Milano(9.30-13.00) presso il Politecnico, in Piazzale Leonardo da Vinci, Aula De Donato. Scopri di più sull’evento o  iscriviti subito gratuitamente.

     

    D-heart: the future of telemedicine is now | Nicolò Briante & Niccolo Maurizi | TEDxCrocetta

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