Diventare imprenditori della food-economy, il caso di Thursday Pizza (e i suoi consigli)

Pubblicato il 17 Giu 2016

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Da ingegnere meccanico a imprenditore della food-economy.
E’ la storia di Alessandro Castrucci, di formazione Project Manager per l’ingegneria meccanica, che ha deciso di abbracciare la vita imprenditoriale creando la sua attività di pizzeria d’asporto, Thursday Pizza, con un’idea in testa:  offrire al mercato (che siete voi delle ore insonni sui libri e noi delle ore insonni in redazione) un prodotto di alta qualità e on-demand.

La storia di Alessandro è un esempio di quella “contaminazione creativa” che potrebbe essere la chiave per la realizzazione della idea imprenditoriale di ciascuno di noi. Prendi cultura dell’innovazione, competenze apprese all’università e quelle apprese grazie ai propri interessi, digitale,  mindset imprenditoriale, shakera bene e ottieni una startup innovativa.

Nel caso specifico di Alessandro, prendi il regno per eccellenza dell’automazione e della tecnologia, l’automotive, distillane l’essenza innovatrice per prodotti e processi, e portala in un settore tradizionalmente “carta e penna”, come quello della ristorazione d’asporto. Inquadrandolo però anche nello scenario economico attuale, che vede il boom della food-economy e dei servizi di delivery.

Ciao Alessandro. Da ingegnere a imprenditore del comparto alimentare, raccontaci di più: com’è nata la tua idea di business? E come ti sei mosso per realizzarla?
A marzo dello scorso anno mi sono reso conto che il lavoro che facevo non mi dava più le soddisfazioni che cercavo. 
Avevo da sempre l’interesse a lanciare una mia attività, per cui mi sono fermato a pensare alle mie alternative: avevo in mentre 3 idee, di cui 2 inerenti al settore nel quale lavoravo e una terza completamente differente, la pizzeria.  Dal punto di vista del business, secondo me, introdurre sul mercato una pizzeria specializzata nell’asporto e nella consegna a domicilio che offrisse un prodotto di alta qualità in un settore dove il prodotto è spesso di bassa qualità, poteva essere interessante e strategico.
Per questo motivo ho optato per questa terza idea, anche se era la più lontana dalle mie conoscenze e dalla mia cultura professionale e personale. 
Ho passato circa 6 mesi a studiare il business plan, a fare una serie di previsioni economiche, a capire come funzionava il mercato e quali fossero le sue criticità. Poi, quando i risultati hanno iniziato a diventare interessanti,  ho deciso che si poteva fare: ho lasciato il mio lavoro e ho aperto Thurday Pizza”.

Quali compentenze del tuo percorso di studi ti sono state utili nella realizzazione della tua idea imprenditoriale e quali, invece, hai dovuto acquisire?
Ho studiato Project Management come indirizzo di ingegneria meccanica. L’approccio alla gestione delle fasi necessarie alla progettazione di un impianto, di una fabbrica di automobili, si applicano allo stesso modo nella progettazione di un’azienda che è fatta da fornitori e clienti. L’approccio mentale è lo stesso.
Ho cercato di introdurre queste tecnologie nuove nel settore della ristorazione, di cui solitamente non fanno parte.  Ad esempio, ho introdotto un sistema di ordine che permette di gestire in maniera automatica il magazzino. È una banalità per qualsiasi realtà industriale, ma nel settore della ristorazione, a parte pochi big, tutto è fatto con una gestione di “carta e penna”. 
Funziona così: nel sistema ho caricato una lista di prodotti, con ogni pizza costituita da N elementi. Ogni volta che viene ordinata una pizza il sistema scarica tutti gli elementi da cui è composta e mi da informazioni in tempo reale sul magazzino e lo stock . 
In questo senso l’approccio generale e scientifico dell’Università sono risultati molto utili.
Non ho dovuto acquisire delle competenze, ma ho dovuto confrontarmi con un settore che è rimasto molto più indietro rispetto al mondo lavorativo che ho conosciuto: la ristorazione è basata su telefonate e conoscenze interpersonali, pochi lavorano via mail e pochi gestiscono gli ordini in maniera automatizzata. È stato come scontrarmi con una realtà ferma a 30, 40 anni fa, e forse questa è stata la cosa più difficile, calibrare a seconda del settore.

Faber suisque fortunae: quali sono i pro ed i contro? Quali sono le difficoltà che hai incontrato e come le hai superate?
I risultati del tuo lavoro si vedono ogni giorno, ed in un’attività di ristorazione in particolar modo con il numero di clienti che entrano.  La difficoltà maggiore è riuscire a mantenere la calma, prendere decisioni giuste anche se all’inizio le cose vanno male. È essenziale mantenersi aderenti al business plan, che secondo me è un elemento molto più importante rispetto a quanto si creda : prima che per presentarlo agli investitori,  è servito a me stesso. Nei momenti di dubbio su alcune scelte – se fare qualcosa che se ne discostava, come abbassamenti di prezzo o promozioni – ho riletto quello che avevo scritto ed ho capito che era giusto, pensato secondo una strategia coerente. Ho mantenuto quella visione,  anche quando le cose diventavano un po’ più difficili.
Coerenza alla strategia, ma allo stesso tempo è necessario tenere la mente aperta e – soprattutto per chi è senza esperienza nel settore, come me –  capire che può essere necessario modificare delle scelte. 
La cosa importante solitamente è discuterne, ma non avendo un capo o un collega, devi discuterne con te stesso.
La pizzeria è una di quelle attività che solitamente viene intesa come “off-line”. Thursday Pizza, invece, trova nel digitale un canale di comunicazione e di business. Puoi raccontarci qualcosa in più sul ruolo del digitale nella strategia di Thursday Pizza?
Dalla mia analisi, la criticità principale emersa per il settore delle pizzerie era nell’innovazione del prodotto e del processo.
Per il processo: tutte le pizzerie d’asporto lavorano per telefono. Questo vuol dire che è necessario impiegare qualcuno che risponda e questo può creare confusione: l’addetto deve scrivere le informazioni e passarle a tutti gli altri, spesso attraverso un foglietto che passa da lui al pizzaiolo e dal pizzaiolo al ragazzo delle consegne, rischiando di perdersi, sporcarsi e così via. Ho quindi cercato di gestire in maniera differente gli ordini, tramite un software che ho sviluppato. Al pizzaiolo appare la scheramata dei prodotti da produrre, ed al ragazzo delle consegne restituisce i prodotti da consegnare, come pizze e bibite, e la mappa di navigazione.
Non c’è interazione, cosa che riduce notevolmente il rischio di errore umano: è un processo più sicuro, a scomparti, che consente ad ognuno di focalizzarsi sulla sua attività.
Per il prodotto, al livello di comunicazione, utilizziamo solo digitale. Abbiamo pagine Facebook e Instangram, regolarmente aggiornate, oltre al sito internet dove ordinare e trovare diverse informazioni. L’idea è quella di creare il senso di curiosità e di appartenenza alla pagina: non utilizziamo testo, ma immagini e foto per far conoscere visivamente il prodotto o per farne apprezzare le differenze rispetto a quello presente sul mercato.

Startup in Italia: per te che sei una startup, quali sono le difficoltà incontrate?
Purtroppo la struttura di investimenti e di finanziamenti che offre il Paese è molto sbilanciata: finanziamenti, bandi e gare sono riservati alle startup innovative,  definite in modo tale da caratterizzare prevalentemente le attività impegnate nello sviluppo software.
Questo è molto limitante: il software sta viveno un momento di grande sviluppo, (io stesso ne ho dovuto sviluppare uno per la mia attività), ma non è detto che l’innovazione sia limitata ad esso.
Così quando mi sono messo alla ricerca di bandi e supporti putroppo ne ho trovati pochi, e fra quei pochi non c’erano aperture, essendo il mio focus sull’attività ristorativa. E i classici strumenti, come le banche e le realtà imprenditoriali, sono un po’ più sensibili sotto altri aspetti.
Alla fine però grazie al business plan, cui ho dedicato molto tempo e che è stato fatto in maniera molto precisa, e grazie anche alla presentazione del lavoro, durata un po’ di mesi, sono riuscito ad arrivare a due strumenti per finanziarmi: il microcredito ed un finanziamento a tasso agevolato. Mi hanno consentito, se non di effettuare l’investimento che ho coperto in prima persona, almeno di fronteggiare spese impreviste e di gestione in questa parte iniziale.
Quanto è importante per i giovani di oggi avere un mindset imprenditoriale ?
È fondamentale, e non serve solo per aprire un’azienda. Si può avere una mentalità imprenditoriale anche se si lavora in un’azienda di proprietà di altre persone: se l’atteggiamento è quello di cercare in ogni aspetto il miglioramento continuo, questo è uno degli elementi che la caratterizza. Cercare di trovare il momento giusto per fare qualcosa di diverso, e farlo meglio di come lo fanno gli altri.
Quello che ho visto, però, è che in Italia molti pensano che l’unica soluzione sia quella di gestire una propria azienda. E lo fanno partendo molto giovani.
Personalmente, ho fatto tanti errori, dovuti soprattutto a inesperienza ed ho aperto la mia attività a 31 anni, per cui avevo già una buona esperienza lavorativa.
Una cosa molto importante prima di lanciarsi in qualsiasi attività imprenditoriale è fare esperienza. Forma la mente e lo spirito. Se non sei pronto, strutturato, se non hai un minimo di sicurezza sulla qualità del lavoro che svolgi, rischi di essere sballottolato dalle situazioni. È positivo che si stia sviluppando questa mentalità imprenditoriale, ma mi piacerebbe vedere ragazzi un po’ più adulti che lanciano le loro aziende ed idee.

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L’autrice: Mariateresa Amatulli, 24 anni, ha conseguito la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università di Macerata nel 2014. Attualmente è iscritta al corso di Laurea Magistrale in International Politics and Markets, presso l’Alma Mater di Bologna, nella sede di Forlì.

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