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    Home » Formazione » Imparare l’inglese: perché è importante per il lavoro?
    Imparare l'inglese
    FARE CARRIERA

    Imparare l’inglese: perché è importante per il lavoro?

    4 Maggio 2022
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    Di inglesismi trapiantati nella lingua italiana non ne mancano, ma cosa dire dell’effettiva conoscenza dell’inglese nel nostro Paese? Se è il secondo idioma più parlato al mondo, è il caso di darsi da fare e apprenderla seriamente

    Sofia Ferrante

    Il futuro parla chiaro, ma quanti fanno lo stesso con la lingua inglese? Siamo tutti consapevoli che oggi sia importante (e necessario) imparare l’inglese. È stata addirittura istituita la Giornata Internazionale della lingua inglese fissata, non a caso, il  23 aprile, anniversario di nascita e di morte di uno dei maggiori sostenitori dell’inclusività linguistica e del valore del multiculturalismo, William Shakespeare. E non mancano gli esempi più recenti di celebrities, attori e cantati che sfruttando la conoscenza dell’inglese hanno raggiunto l’apice del successo: Damiano dei Maneskin, Shakira, Alessandro Cattelan, Penelope Cruz, solo per citarne alcuni.

    Andando oltre queste “chicche”, in generale, oggi avere una conoscenza della lingua inglese tale da essere considerati bilingue costituisce sicuramente un valore aggiunto, e questo non vale solo per un arricchimento personale dell’individuo e per la possibilità di inserire un bel C2 sul CV, ma anche l’importanza che ha nel mondo del lavoro, che è sempre più globalizzato.

    Indice degli argomenti

    • Imparare l’inglese importante sì, ma in Italia ancora non tutti lo fanno
    • La posizione della Commissione Europea riguardo l’apprendimento della seconda lingua
    • I vantaggi dell’imparare l’inglese sin dall’infanzia

    Imparare l’inglese importante sì, ma in Italia ancora non tutti lo fanno

    Considerata la lingua del futuro, ma la domanda è quante: persone in Italia conoscono veramente l’inglese?

    Lungi dall’apparire pessimisti, purtroppo nel nostro Paese imparare l’inglese non ha ancora la rilevanza che ha studiare altre materie. Lo skill gap nell’ambito della conoscenza di un secondo idioma è molto profondo. Secondo la classifica dell’Osservatorio Cultura Lavoro l’Italia è al 30esimo posto su 34 nell’apprendimento della lingua inglese, ma il dato forse ancora più sconvolgente e che fa riflettere è che – come confermato da TrueNumbers – solo il 19,7% dei neodiplomati italiani lo sa parlare.

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    Ma, di nuovo, oggi sembra che non sia più possibile non imparare la lingua inglese. Uno sguardo ai dati lo conferma: seconda lingua al mondo con ben 942 milioni di persone che la utilizzano quotidianamente, la lingua inglese diventa la chiave di volta per chi ambisce a costruirsi una carriera all’insegna del successo professionale. Lo studio realizzato dall’ente Cambridge Assessment English mostra, infatti, che ben il 96% delle aziende italiane lo considera un requisito fondamentale per il proprio business.

    La posizione della Commissione Europea riguardo l’apprendimento della seconda lingua

    Imparare la lingua inglese rappresenta una priorità anche per la Commissione Europea: nel documento “Rafforzare l’identità europea grazie all’istruzione e alla cultura” si legge, infatti, che: “Una prospettiva per il 2025 dovrebbe essere un’Europa in cui imparare, studiare e fare ricerca non siano limitati da confini. Un continente in cui sia divenuto la norma trascorrere un periodo in un altro Stato membro, per studiare, formarsi o lavorare, e parlare altre due lingue oltre alla propria lingua madre. Un continente in cui le persone abbiano un forte senso della propria identità di europei, del patrimonio culturale dell’Europa e della sua diversità“.

    Secondo alcune previsioni del British Council, nel 2025 la crescita del volume delle comunicazioni in inglese – e dunque la sua richiesta sul mercato del lavoro – sarà inversamente proporzionale al numero di persone che lo studieranno in età adulta (oltre 3 milioni in meno rispetto al 2015) perché si diffonderà un atteggiamento diverso che supporterà l’apprendimento della lingua già dai primi anni di scuola.

    I vantaggi dell’imparare l’inglese sin dall’infanzia

    I genitori più lungimiranti si attivano presto, per fare in modo che i loro figli possano cominciare ad apprendere la lingua inglese già dai primi anni di scuola, scegliendo scuole e atenei che erogano le lezioni in modalità bilingue. Gli studi condotti dalla Anglia Ruskin University, la Faculty of Health dell’Università di York e la Georgetown University Medical Center, mostrano gli svariati benefici legati allo studio della lingua inglese da bambini.

    «La scuola bilingue si sta rivelando una proposta che richiama su di sé un interesse sempre più elevato. A maggior ragione per quei genitori che, pur riconoscendo l’indiscutibile valore aggiunto della padronanza di una seconda lingua, non intendano rinunciare per i loro figli al mantenimento e al consolidamento delle radici linguistiche e culturali italiane – spiega Eva Balducchi, General Manager di Baby College Junior College e Middle College –. La scuola bilingue può rappresentare la migliore risposta possibile ad un’esigenza di questo genere. Tanto più se in grado di garantire significative basi di apprendimento, utili a promuovere il futuro successo, sia scolastico, sia professionale, degli alunni di oggi e dei cittadini consapevoli di domani».

    Per una serie di ragioni legate alla sfera cognitiva e dell’apprendimento, iniziare ad approcciare lo studio sin dai primi anni di vita permette, infatti, di migliorare e stimolare l’attività cerebrale, sviluppare capacità di problem solving, facilitare l’apprendimento di altre lingue straniere, allenare l’intelligenza empatica, emotiva e creativa.

    I dati Eurostat dimostrano che nel 2021 la percentuale di popolazione mondiale bilingue ha toccato quota 43%, contro al 9,6% del 1980 e nel 2019 il 59% ha scelto di studiare due lingue straniere.

    «Grazie all’uso della lingua inglese per il 70% del tempo scolastico, il bambino crescerà sviluppando una mente bilingue, che si forma nella fascia di età tra gli 0 e i 10 anni, durante lo stesso periodo in cui si accresce la conoscenza della lingua madre – ha aggiunto la manager -. Il bilinguismo, oltre alla capacità naturale di passare da una lingua ad un’altra, implica flessibilità mentale, velocità di ragionamento e apertura verso l’ignoto, la diversità, propensione all’esplorazione e alla conoscenza. Rappresenta la strada del domani: un futuro di competenza e condivisione all’insegna della valorizzazione dei patrimoni linguistici e culturali».

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