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    Home » Formazione » Digital Transition for Heritage, il nuovo Dottorato di ricerca dove beni culturali e tecnologia si incontrano
    Digital Transition for Heritage
    FORMAZIONE

    Digital Transition for Heritage, il nuovo Dottorato di ricerca dove beni culturali e tecnologia si incontrano

    21 Febbraio 2023
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    La transizione digitale rivoluziona anche il settore culturale che sperimenta ora nuove forme per valorizzare e promuovere il suo patrimonio. All’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli un Dottorato di ricerca dove imparare le nuove competenze che servono per affrontare queste grandi sfide

    Simona Politini

    E vuoi vedere che la grande rivoluzione digitale riesce persino a rianimare quell’ambiente polveroso e privo di opportunità per i giovani che è il settore dei beni culturali in Italia?

    Negli splendidi spazi dell’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, monastero cinquecentesco fondato dalla suora di cui conserva il nome, è stato appena inaugurato il Dottorato Digital Transition for Heritage. Si tratta di uno degli 11 “curricula interdisciplinari” all’interno del primo programma nazionale in Heritage Science (Phd-Hs.it) con sede amministrativa presso la Sapienza Università di Roma. L’obiettivo del percorso è creare una nuova generazione di ricercatori e professionisti operanti nel settore dei beni culturali, in grado di collaborare e competere nei contesti delle più prestigiose iniziative europee e internazionali.

    Indice degli argomenti

    • Digital Transition for Heritage: con la cultura non si mangia, o forse oggi sì
    • Digital Transition for Heritage, 4 trend digitali nei beni culturali
    • Decentralizzazione della cultura grazie alle tecnologie
      • Nuove forme d’arte grazie all’intelligenza artificiale
      • Nuovi modelli di business
      • Nuove partnership e big tech

    Digital Transition for Heritage: con la cultura non si mangia, o forse oggi sì

    Alle volte si sente dire: “Con la cultura non si mangia”. Certamente è vero che, sopratutto in passato, chi aveva nel cuore e nella mente il desiderio di lavorare ogni giorno immerso nel bello ha dovuto fare i conti con concorsi pubblici inesistenti e ambienti dove la meritocrazia è pari a zero (del resto se non sai fare nulla non ti posso mica dare in mano un bisturi, ma magari ti piazzo a organizzare mostre o a gestire servizi museali).

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    E chi vi scrive lo sa bene. Era il 2001 quando emozionata ricevevo il mio 110 e lode proprio nelle aule del Suor Orsola Benincasa, corso di laurea Conservazione dei Beni Culturali (l’ateneo fu il primo in Italia a istituire quel corso ben 30 anni fa), tesi sperimentale in Archeologia Industriale. È da lì che nel 2013 nasce Archeologiaindustriale.net.

    A quella data, dopo un master intensivo alla Luiss, alcuni anni nella sede di Roma della Réunion des musées nationaux (i francesi del Louvre per intenderci, che in breve tempo sono scappati dall’Italia) e altre varie esperienze local poco appaganti, il mondo dell’arte l’avevo abbandonato già da un po’ e con quel progetto tutto mio ho voluto coniugare arte e digitale, ossia quella che ero e quella che sarei diventata: una web journalist che oggi parla dei temi del digitale e della tecnologia.

    Ora forse però il vento sta per girare. Finalmente, con le dovute accortezze del caso, sta acquisendo sempre più forza l’idea che il bene culturale è un prodotto e come tale deve essere veicolato, promosso e valorizzato attraverso gli strumenti di comunicazione contemporanei che oggi equivale a dire “strumenti digitali”.

    La novità è dunque duplice: non solo cambia il modo di fare le cose come sinora sono state fatte, ma servono persone realmente preparate che quegli strumenti digitali li sappiano usare mandando all’aria anni di pratiche di assunzioni basate su CV in bianco, come i White Paintings dell’artista Robert Rauschenberg (magari!).

    Digital Transition for Heritage, 4 trend digitali nei beni culturali

    Durante la presentazione del Dottorato in Digital Transition for Heritage (che è possibile rivedere sulla pagina Facebook del Suor Orsola Benincasa) quello che certamente mi ha colpito di più è stato l’intervento di Paola Pisano dell’Università degli Studi di Torino, Componente del Collegio dottorale e già Ministro dell’Innovazione e digitalizzazione della Repubblica Italiana.

    La dottoressa Pisano pone l’attenzione sul fatto che, nel Paese che ospita il maggior numero di siti Unesco (ben 55) e in cui il settore dei beni culturali, insieme al settore del turismo, rappresenta il 12% del Pil nazionale e il 6% dell’occupazione totale, stando a un’indagine condotta dalla Corte dei Conti per rilevare il livello di digitalizzazione all’interno del panorama culturale italiano, sono emersi alcuni gravi problemi: mancanza di competenze interne digitali e di un piano strategico; supporti tecnologici obsoleti; scarso utilizzo di strumenti tecnologici comuni, comunicazione web ancora redazionale.

    Ostacoli che vanno necessariamente superati con l’obiettivo di orientare la digitalizzazione, non solo alla conservazione, tutela e gestione della conoscenza scientifica e del nostro patrimonio, ma alla sua fruizione e alla sua valorizzazione soprattutto da parte di un’utenza allargata.

    Ma se gli ostacoli da superare sono decisamente molti, è pur vero che il futuro non si può fermare e Paola Pisano individua tra tanti quattro trend in particolare che stanno già modificando il rapporto tra tecnologia e cultura.

    Decentralizzazione della cultura grazie alle tecnologie

    Attraverso il moltiplicarsi delle piattaforme, da YouTube a TikTok e molte altre ancora, nuovi artisti emergenti riescono a raggiungere tutto il mondo condividendo facilmente le proprie opere creative e affermandosi come artisti. Ma non solo artisti emergenti. Anche i luoghi di cultura più tradizionali stanno iniziando ad aprirsi a nuove forme di condivisione per promuovere il proprio patrimonio di opere oltre i confini fisici.

    È il caso del Belvedere in Austria che sta seguendo una politica di Open content Policy attraverso la quale le immagini del suo museo sono rese disponibili online in alta definizione e scaricabili gratuitamente anche per usi commerciali.

    Ciò dà la possibilità di diffondere il patrimonio del Belvedere senza problematiche legate al Diritto d’autore e a procedure burocratiche intorno a un’immagine. Un esempio di come le piattaforme digitali costituiscano un’opportunità anche per i piccoli centri culturali, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria e dal luogo dove si trovano, di riuscire a diffondere il proprio patrimonio ovunque.

    Nuove forme d’arte grazie all’intelligenza artificiale

    Molteplici sono ormai le commistioni tra arte e intelligenza artificiale. Addirittura, grazie all’AI, le opere d’arte possano cambiare in base all’interazione con il fruitore. Un esempio in merito citato da Paola Pisano è l’esposizione teamLab Planets a Toyosu, Tokyo che ha già richiamato da oltre oceano circa 100mila visitatori tra il 9 dicembre 2022 e il 9 gennaio 2023.

    Una vera esperienza immersiva dove l’arte e le persone si muovo insieme in un gioco di rimandi governato dagli algoritmi AI: il visitatore con le gambe immerse nell’acqua incontra e si scontra con carpe digitali che cambiano direzione e movimenti sulla basse del “contatto” tra loro e l’essere umano. Altro esempio è Dall-E 2, l’algoritmo di OpenAI (sì, quelli di ChatGPT) che crea opere d’arte originali sulla base delle indicazioni dell’essere umano.

    Nuovi modelli di business

    L’incontro tra digitale e beni culturali sta creando altresì nuovi modelli di business, in particolar modo Paola Pisano si concentra su come possono essere sviluppati nuove strategie di prezzi e ricavi. Secondo un’indagine realizzata dall’Economist in UK è emerso che otto persone su dieci sarebbero disposte a pagare per una mostra in digitale, ma ovviamente meno rispetto a una mostra dal vivo. Se questo da un lato significa che l’esperienza reale supera ancora di gran lunga Metaverso, online e virtuale in generale, è altrettanto vero che ormai l’esperienza virtuale viene riconosciuta come arricchente e pertanto meritevole di essere pagata.

    Ciò potrebbe costituire per gli istituti culturali introiti utili alla valorizzazione e alla protezione delle opere d’arte. Capitolo a parte offre poi tutto il mondo degli NFT al quale anche istituzioni come il British Museum e gli Uffizi stanno già strizzando l’occhio.

    Nuove partnership e big tech

    Infine, se le partnership con i grandi marchi, come per esempio quelli della moda, sono una prassi consolidata, nel caso del settore cultura prendono sempre più piede anche quelle con le big tech. È  il caso dell’accordo tra Microsoft e il Ministero della Cultura dello Sport Ellenico finalizzato a preservare e restaurare digitalmente l’antico sito di Olimpia, consentendo agli spettatori di tutto il mondo di esplorarlo com’era più di 2000 anni fa attraverso un’esperienza coinvolgente con un’app mobile interattiva, un’esperienza desktop basata sul web o una mostra Microsoft HoloLens 2 presso il Museo Olimpico di Atene.

    Altro esempio è la partnership tra Microsoft Italia e ICOM Italia, il comitato nazionale italiano del principale network mondiale di musei e professionisti, che consentirà agli enti che fanno parte del network di condividere su Flipgrid, piattaforma Microsoft gratuita per il social learning utilizzata da oltre 20 milioni di insegnanti e studenti in tutto il mondo, schede dedicate alle opere e alle esposizioni, offrendo ai docenti contenuti a valore per le loro lezioni, adatti per ogni età.

    Che questo dottorato sia dunque un trampolino per mostrare al mondo che l’Italia è ancora capace di innovare, è l’augurio con cui conclude il suo intervento Paola Pisano, e io mi associo a lei per tutti quei giovani che vogliono credere ancora che con la cultura si mangia e si lavora anche felici tenendosi stretti le proprie passioni.

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