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    Home » Fare Carriera » South Working: lavorare dal Sud per aziende del Nord
    South Working
    FUTURO DEL LAVORO

    South Working: lavorare dal Sud per aziende del Nord

    24 Agosto 2022
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    Migliorare l’equilibrio tra lavoro e vita privata, ridurre le emissioni di CO2 nei centri urbani, ripopolare i piccoli borghi, sono solo alcuni i vantaggi collegati al South Working, il movimento spontaneo di lavoratori che punta a trasferirsi al Sud Italia continuando a lavorare per aziende del Nord

    Simona Politini

    Con il South Working prende forma il sogno di lavorare per un’azienda del Nord vivendo al Sud. Quanti hanno staccato un biglietto di sola andata per le prestigiose università del Nord Italia lasciando nel fondo della valigia il desiderio un giorno di poter tornare a vivere in mezzo ai propri affetti più cari? E quanti, passata l’euforia della prima scrivania vista skyline, hanno immaginato di allungare lo sguardo oltre al monitor verso il mare infinito? Tutto questo oggi non è più solo una speranza sbiadita, ma una possibilità concreta.

    Indice degli argomenti

    • South Working: cos’è
    • Cosa serve per fare South Working
    • Il South Working come strumento di rilancio per il Meridione: sempre più hub di lavoro al Sud
    • Randstad seleziona candidati per il South Working

    South Working: cos’è

    Ultima frontiera dello Smart Working, con il termine South Working si intende quella circostanza nella quale la modalità da remoto consente ai lavoratori di stabilire o ristabilire la propria residenza al Sud Italia lavorando per aziende del Nord o addirittura oltreconfine. A dimostrarci che il lavoro a distanza è possibile e funziona è stata la pandemia che in quattro e quattr’otto ha messo a lavorare da casa 6,58 milioni di lavatori. Non è stato facile gestire questo cambiamento, per aziende e lavoratori, ma i risultati positivi sono stati talmente dirompenti che tornare indietro è chiaro non esser più possibile. Migliore equilibrio tra lavoro e vita privata con una conseguente rinnovata spinta verso la produttività, più ampia possibilità d’azione verso l’inclusione e la lotta al gender gap, decongestione dei centri urbani, ridotte immissioni nell’aria di CO2, rivitalizzazione dei centri minori e di aree del Paese storicamente più marginali nel circuito economico, sono alcuni dei più importanti benefici apportati dallo Smart Working. Naturalmente, ciò che ha permesso questo piccolo miracolo, è stata un’accelerazione digitale senza precedenti attraverso la quale lo spazio di lavoro ha perso i suoi connotati fisici assumendo una dimensione virtuale e, per tale ragione, collocabile ovunque esista una connessione sufficiente allo scambio di dati.

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    Cosa serve per fare South Working

    Posto che alla base di tutto è necessario un accordo tra lavoratore e azienda sulla possibilità di svolgere la propria attività a distanza, l’Associazione South Working – Lavorare dal Sud, nata nel 2020 con l’obiettivo di colmare il divario economico, sociale e territoriale tra Nord e Sud, tra aree industrializzate e marginalizzate del Paese, attraverso un processo di riattivazione dei territori tradizionalmente periferici, individua tre elementi principali necessario al South Working: infrastruttura digitale, ossia una connessione con una velocità di circa 20-30 Mbps; infrastruttura di mobilità, ossia collegamenti che consentano di raggiungere velocemente aeroporti e stazioni in non più di 2 ore; infrastruttura sociale, spazi di aggregazione e partecipazione dal basso per il lavoro collaborativo e il dialogo intergenerazionale (detti presidi di comunità) quali per esempio: spazi di coworking, rural hub, impact hub, spazi privati e pubblici, biblioteche.

    Il South Working come strumento di rilancio per il Meridione: sempre più hub di lavoro al Sud

    Secondo la ricerca “South Working per lo sviluppo responsabile e sostenibile del Paese”, condotta dalla multinazionale specializzata nella ricerca e selezione del personale, Randstad in collaborazione con a Fondazione per la Sussidiarietà (FPS), le aziende italiane stanno guardando sempre con più interesse alla creazione di “hub di lavoro” al Sud: spazi di co-working o veri e propri uffici con team aziendali dislocati in aree lontane dalle grandi città del Centro-Nord. Secondo quanto si legge nell’indagine, il 61% delle organizzazioni sarebbe disposto a dar vita a nuovi spazi di lavoro nel meridione per contribuire alla crescita aziendale, il 48% lo farebbe per accedere a figure professionali difficili da reperire e il 35,5% per ridurre i costi. Inoltre, il 61% delle imprese ritiene che l’hub possa essere gestito in modo diretto, come una filiale, piuttosto che tramite società di servizi esterne.

    Come ha dichiarato Marco Ceresa, Group Ceo di Randstad, «la creazione di un hub di lavoro può davvero essere il volano per il south working, potendo reclutare competenze altrimenti non accessibili, garantire il bilanciamento vita-lavoro alle persone e sostenere di un indotto locale. Ma i presupposti fondamentali per esperienze di south working di successo sono la creazione di un’adeguata infrastruttura digitale, spazi adeguati e uno sforzo multilaterale tra aziende, agenzie per il lavoro, Comuni di riferimento e atenei universitari».

    In questo modo, il South Working può davvero diventare uno strumento di rilancio per il Sud Italia, che negli ultimi anni è destinato ad andare incontro a un calo della popolazione superiore alla tendenza nazionale: si stima che entro il 2030 gli abitanti tra 20-64 anni si ridurranno dell’11%, rispetto al -6,7% atteso a livello nazionale. Insieme allo Smart Working, la creazione di hub nel Sud, diventa quindi un’occasione straordinaria per favorire la crescita del Paese e abbattere storiche diseguaglianze.

     «Molti lavoratori qualificati del Mezzogiorno potrebbero così mantenere un legame con il proprio territorio, senza rinunciare a preziose opportunità. È una strada che potrebbe coinvolgere anche la pubblica amministrazione – ha commentato il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini -. Un percorso sussidiario che parte dal basso e potrebbe davvero cambiare il mondo del lavoro e dare un nuovo impulso all’iniziativa imprenditoriale al Sud».

    Randstad seleziona candidati per il South Working

    Randstad ha firmato un protocollo d’intesa con l’Associazione South Working, obiettivo: selezionare i futuri southworker. Il protocollo d’intesa, supportato da Fondazione con il Sud, si inserisce nell’ambito del Progetto Coesione di Randstad legato al PNRR che punta a creare nuove modalità di lavoro per promuovere la coesione territoriale e contenere l’emigrazione dal Sud al Nord del Paese e il conseguente spopolamento dei piccoli borghi.

    La collaborazione tra Randstad e South Working prevede anche la partecipazione al Bando Borghi del ministero della Cultura per promuovere progetti per la rigenerazione, valorizzazione e gestione del patrimonio culturale dei piccoli centri italiani, favorendone il rilancio sociale ed economico.

    «Grazie alla partnership con l’Associazione South Working, chiunque svolga una professione compatibile con il lavoro da remoto potrà dare disponibilità per candidarsi a opportunità in tutta Italia operando in Smart Working dal proprio paese, potendo avere accesso anche a una rete di spazi di coworking. Un progetto figlio dell’impegno di Randstad per attivare un network tra istituzioni, aziende e candidati, con l’obiettivo di favorire l’occupazione nel Sud e nei borghi più isolati del Paese, promuovendone il rilancio attraverso il lavoro», dichiara Ceresa come riportato da Adnkronos.

    Operativamente, inserendo il tag #southworking in fase di registrazione alla piattaforma Randstad.it, è possibile candidarsi per un’offerta di lavoro operando da remoto dal Sud o da piccoli centri. Nella pagina SW x Aziende sul sito southworking.org sarà possibile accedere alla sezione SW x Randstad dove sono riportate le procedure per la ricerca degli annunci di lavoro in modalità “South Working” offerti dalla rete di aziende afferenti a Randstad.

    «È necessario iniziare a pensare alle nuove geografie del lavoro in chiave di sviluppo territoriale sostenibile e a come le aziende e i lavoratori possono contribuire a rendere il nostro Paese un luogo più giusto dove vivere e lavorare, a partire dai “presidi di comunità” e da tutti gli hub diffusi al Sud e nelle aree marginalizzate del territorio nazionale. Quindi, invitiamo tutti coloro che vorranno a seguire le procedure e a registrarsi per iniziare a lavorare in “South Working” da dove desiderano», conclude Mario Mirabile, vicepresidente esecutivo e fondatore dell’Associazione South Working.

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