Come farsi strada nel mondo della moda, ce lo racconta Polly’s Fitting Room

Il settore del fashion affascina da sempre molti giovani, ma spesso non si hanno le idee chiare su come intraprendere una carriera in questo ambito, e soprattutto non si conoscono tutte le professioni che ruotano attorno a un ecosistema così grande. Abbiamo chiesto ad Anna Paola Vergani di darci qualche dritta utile per farsi strada nel mondo della moda

Pubblicato il 26 Apr 2023

Lavorare nel mondo della moda

Quando si parla di lavorare nel mondo della moda viene quasi spontaneo pensare alla vita frenetica all’interno delle grandi maison dove un continuo via vai di persone iperattive corre da un ufficio all’altro, cercando di destreggiarsi tra un evento a cui partecipare, una sfilata da preparare e un fitting da supervisionare.

Aggiungiamo poi una tazza sempre piena di caffè in una mano e un’agenda che scandisce il ritmo serrato degli appuntamenti del giorno nell’altra, ed ecco creato il prototipo perfetto di figura che cerca di farsi strada in un mondo tanto complesso quanto affascinante e gratificante.

Ma via le scene in pieno stile Il Diavolo veste Prada, si torna alla realtà e ci si chiede: “Ma da dove posso cominciare per la lavorare nel mondo della moda?”

Domanda più che lecita e per la quale – diciamoci la verità – non è facilissimo trovare una risposta proprio perché, al contrario dei percorsi più tradizionali, non c’è un percorso standard da poter intraprendere.

Per cercare di fare un po’ di chiarezza abbiamo chiesto a un insider di questo mondo di darci qualche delucidazione utile per farsi strada in questo gigantesco ecosistema.

Lavorare nel mondo della moda, chiediamolo a chi c’è dentro

Abbiamo parlato con Anna Paola Vergani, Founder di PFR – Polly’s Fitting Room, la prima società di orientamento onLife (che offre, cioè, esperienze concrete, sul campo) nel settore della moda creata nel 2018 proprio per sostenere con un percorso di orientamento chi vorrebbe lavorare nel mondo della moda.

Ci racconti che universo è quello della moda?

«Ho sempre voluto lavorare nel mondo della moda, sin da piccola, diciamo che avevo le idee molto chiare su quello che avrei voluto fare da grande. Ammetto che non è stato facile, durante il mio percorso purtroppo mi è capitato di dovermi “scontrare” e fare i conti con chi mi diceva che questo è un ambito superficiale o comunque non abbastanza “serio” da poter pensare di costruirci una carriera lavorativa.

Ma ci tengo a precisare che non è così, anzi. In Italia, ad esempio, il Fashion è uno dei settori trainanti del Paese, ci sono tantissime aziende, fornitori, fabbricanti, fiere che tengono questo ecosistema vivo, lo riempiono di occasioni e opportunità per chi le sa cogliere. Il lato glam c’è indubbiamente, ma è solo uno dei tanti pilastri che tengono in piedi questo settore».

Come hai costruito il tuo percorso di studi?

«Il mio percorso di studi, almeno all’inizio, è stato abbastanza tradizionale. Mi sono laureata in Economia all’Università Cattolica di Milano, per poi frequentare il master in Fashion Business al Polimoda di Firenze perché volevo conoscere più da vicino il settore. Finita questa esperienza ho fatto alcuni colloqui per cominciare a mettere in pratica quello che avevo imparato. Sono stata selezionata da Givenchy Paris, prima per uno stage come assistente ricerca materiali e poi per la posizione di Product Developer Leathergoods and Shoes.

È stata la mia prima esperienza, ma sin dall’inizio ho avuto la sensazione che l’ambito dello sviluppo prodotto non era esattamente quello che avrei voluto fare per tutta la vita. Però mi sono buttata e ho iniziato. A farmi prendere consapevolezza è stato il tempo: mi sono resa conto che non avrei voluto essere parte di un meccanismo così grande, con strutture e gerarchie complesse, sia a livello umano sia lavorativo. Così mi sono licenziata.

Questa esperienza, a distanza di anni, mi ha fatto capire tante cose: innanzitutto il valore che ha cogliere al volo le occasioni che ci si presentano, a patto di avere sempre chiaro cosa si vuole veramente, cosa ci si aspetta da sé stessi ed essere consapevoli che un qualsiasi percorso professionale richiede costanza, impegno e dedizione continui».

Anna Paola ha anche lavorato per Idee Partners Luxury Accessories, occupandosi di sviluppo prodotto per brand come, Calvin Klein, Thierry Mugler, Escada e Byfar.

Ha, inoltre, svolto attività di consulenza commerciale e showroom manager presso Idee Brand Platform e Tora Tora showroom ed è stata Digital Fashion Marketing and Communication presso Sustainable Brand Platform.

Qual è stato il tuo next-step?

«Nella mia mente c’era sempre il sogno di costruire qualcosa di mio, da zero, che potesse aiutare gli altri e che allo stesso tempo fosse qualcosa di innovativo nel settore della moda e così è nato quello che Polly’s Fitting Room è oggi».

Si tratta di una realtà che fornisce contenuti digitali legati al mondo del Fashion, organizza workshop onLife (fisici e digitali) ed eventi con professionisti per far conoscere la moda dall’interno, creando un ponte tra i Fashion Talents, cioè i giovani che vogliono lavorare e conoscere l’industria della moda, e i Fashion Professionals, ovvero professionisti con esperienza pluriennale nel settore e profonda conoscenza della moda.

Pollysfittingroom propone periodicamente diversi workshop dalla durata di tre giorni che coinvolgono ragazze e ragazzi di tutta Italia. Sono occasioni per imparare, fare networking ed entrare in contatto con professionisti del settore, guardando più da vicino come funziona il mondo della moda. Ogni workshop prevede, infatti, la visita in una delle realtà di moda presenti nel Paese e la partecipazione di esperti come special guest che fanno formazione durante l’evento.

  • Il principale – A touch of fashion – ha l’obiettivo di far conoscere il settore della moda a 360°, le sue dinamiche e le sue logiche, le varie macro aree e i ruoli professionali che esistono nella moda, fornendo un know-how completo ai partecipanti, che non sono solo ragazzi che vogliono imparare, ma anche designer emergenti che magari vogliono creare il loro brand.
  • C’è poi A touch of social, che punta ad offrire una formazione verticale sul mondo dei social media nel settore specifico della moda non soltanto a chi vorrebbe intraprendere una carriera in questo ambito, ma anche a tutti i professionisti che vogliono sviluppare le loro realtà (moda, beauty e lifestyle), sfruttando le potenzialità delle piattaforme.
  • L’ultimo, A touch of styling, è incentrato invece sullo styling e mira a fornire gli strumenti concreti per capire in cosa consiste il lavoro dello stylist, come si svolge (dalla teoria alla pratica), come creare il proprio portfolio di lavori e finalizzato a sviluppare la propria styling signature e alla realizzazione di un Fashion Editorial.

Terminati i workshop, i partecipanti hanno la possibilità di iscriversi ed entrare nella community di PFR, una piattaforma che permette di accedere a masterclass ogni mese, due meet up all’anno, ma anche ricevere ogni giorno informazioni sul settore della moda e comunicare tra loro attraverso dei canali di scambio.

«A mio avviso sono delle esperienze molto interessanti non soltanto dal punto di vista formativo. Spesso, infatti, le realtà con cui entriamo in contatto durante i workshop cercano delle persone in stage o hanno delle posizioni aperte per profili junior che vengono proposte proprio a chi partecipa. Tante ragazze hanno cominciato in questo modo il loro percorso nella moda».

Fare community oltre la community

Quella che ruota attorno a PFR è un’idea di community a 360°: «Chi entra in contatto con noi porta avanti delle relazioni di amicizia che vanno oltre i momenti di formazione. Spesso, infatti, vengono organizzate spontaneamente delle occasioni successive di incontro come, ad esempio, andare a visitare una mostra o magari fare un viaggio».

Quante persone lavorano nel tuo team?

«Ad oggi siamo circa dieci/quindici persone compresi i professionisti, videomaker, chi segue le sponsorizzazioni, il sito web ecc. Il nostro è un team quasi tutto al femminile e questo mi rende orgogliosa di essere in qualche modo promotrice dell’empowerment delle donne, che credo abbiano tutte le carte in regola per creare grandi cose; sono precise, professionali e soprattutto hanno un grandissimo potenziale.

Riconosco che spesso le aziende tendono a sottovalutarle o comunque a lasciare che ai vertici delle gerarchie ci arrivino gli uomini, per via di stereotipi che purtroppo sono ancora radicati anche nel mondo della moda e, in generale, nella nostra società.

Io, nel mio piccolo, ho voluto dare un contributo per farmi promotrice di un cambiamento positivo, cercando di dare forza alle ragazze che, ad esempio, provengono da tutta Italia per partecipare ai workshop.

Se ti impegni con costanza e hai un obiettivo chiaro, tutto è fattibile. Oggi posso dire di star realizzando il mio sogno, ma sono consapevole di aver passato gli ultimi dieci anni ad imparare, formarmi, consolidando le mie skill e apprendendo da professionisti che mi hanno dato le basi per poterlo fare».

Esiste il percorso perfetto per entrare nel mondo della moda?

«Non esiste il percorso perfetto, ma è chiaro che sapere a priori in quale ambito ci si vuole posizionare può aiutare a capire meglio quali possono essere gli studi e le specializzazioni più adatti. La voglia di fare credo però sia centrale. Non basta dire “vorrei lavorare nel Fashion” se poi manca il binomio dedizione/sacrificio che è la componente centrale per non arrendersi al primo ostacolo. Il metodo lo si impara via via, ma la buona volontà non può mancare.

Entrando in contatto con molte ragazze e ragazzi, mi rendo conto che ancora oggi c’è una conoscenza parziale del mondo della moda, quasi fosse un buco nero.

Tanti vorrebbero farne parte, ma non sanno bene come orientarsi e soprattutto credono che le posizioni a cui ambire siano solo quelle più “tradizionali” come il fashion designer e lo stylist. Ci sono numerose logiche, dinamiche e processi aziendali che risultano davvero estranei a chi non è un insider di questo mondo.

Se riesci ad avere chiari i funzionamenti e gli ingranaggi di un settore, sarai in grado di indirizzare al meglio il tuo percorso, sia a livello formativo sia professionale. Cambiare idea è giusto e lecito, anzi dico ai ragazzi che senza dubbio si troveranno nel corso della loro carriera a cambiare strada, evolversi e reinventarsi, ma avere le idee chiare e le giuste competenze aiuta ad essere più ‘focused’ su ciò che si vuole».

Secondo te ci sono dei profili più ricercati nel mondo della moda?

«Dalla mia esperienza posso dire che di posizioni aperte per stage o profili junior ce ne sono davvero tante. Il mio consiglio è, in primis, di non focalizzarsi solo sulle grandi maison, ma di cercare anche tra le aziende più piccole o più di nicchia che spesso nascondono un potenziale tutto da sviluppare. Come dicevo, il mondo della moda non comprende solo il “prodotto finito” – ovvero il brand che espone i prodotti online o nei negozi. C’è tutto il mondo dei fabbricanti, dei fornitori, agenti, fiere, agenzie, distributori.

Ad oggi c’è una grande richiesta di modellisti e professionisti di sviluppo prodotto. È chiaro, poi, che la rivoluzione legata all’online avvenuta negli ultimi anni ha spinto tutte le realtà a dover necessariamente ricercare figure di professionisti che curino la parte social, l’eCommerce, il sito e la comunicazione digitale più in generale. Non dimentichiamoci anche dell’importanza che la sostenibilità ricopre oggi e per la quale stanno nascendo tantissime professioni con skill specifiche. Credo sia un ambito destinato a svilupparsi nel tempo».

Tre soft skill indispensabili per lavorare nel mondo della moda

«Direi intraprendenza, umiltà, e problem solving».

problem solving

Chi non ha mai sentito parlare di “Il Diavolo veste Prada” mente, ma tu ti sei mai sentita un po’ Andy e hai avuto a che fare con una Miranda?

«Mi è capitato in due diverse situazioni, ma posso dire che mentre le vivevo non me ne accorgevo nemmeno. Nel mio percorso ho lavorato, ad esempio, al fianco di una persona che mi ha voluta come suo braccio destro, che stimavo tanto ma che allo stesso tempo mi portava ad avere dei ritmi davvero pesanti. Ero così concentrata sul raggiungere gli obiettivi che non mi rendevo conto che ero entrata quasi in un loop che non era sano per me e per la mia salute.

Però voglio dire una cosa, ad oggi mi sento di ringraziare questa persona perché mi ha insegnato a lavorare con metodo, cercando sempre di dare il massimo in ciò che faccio. Riconosco che provava ammirazione nei miei confronti, voleva farmi crescere, formarmi e offrirmi gli strumenti giusti. È la persona che ad oggi stimo di più sul lavoro».

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Sofia Ferrante
Sofia Ferrante

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